« Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica. »
Così scriveva nel suo “Viaggio in Italia”, 225 anni fa, il grande Goethe, raccontando di quando, durante quel Grand Tour nel nostro Paese che era un rito, per non dire quasi un dovere, per i giovani di buona famiglia, aveva camminato fra le rovine di Paestum. Già allora, era grande lo stupore per il senso di storia e per lo splendore emanati da queste rovine – naturalmente, soprattutto per la sensibilità di un autore colto e raffinato come Goethe. Ma questo non significa che apprezzare tanta bellezza sia un piacere riservato solamente a pochi studiosi o esperti: a maggior ragione oggi, dopo gli scavi, i restauri, gli studi, questa meraviglia incastonata come una gemma nel nostro Cilento è a disposizione per vacanze rilassanti e insieme di elevato valore culturale, e quando non ci staremo riposando in uno dei comodi Hotel a Paestum, sono moltissime le opere d’arte e le testimonianze storiche che potremo piacevolmente visitare ed ammirare.
Il sito dove sorgono oggi le rovine di Paestum, infatti, ha una tradizione abitativa lunghissima – è stato certamente sede di tribù ominidi e umane fin dall’epoca preistorica. Ne sono testimonianza resti di capanne e manufatti ritrovati dagli archeologi, che sono sicuramente databili all’età paleolitica e che attestano quindi l’antichità dell’insediamento. Risulta probabile che, all’epoca, sorgessero in realtà addirittura due piccoli villaggi, uno su ciascuna della alture che ora sono coronate dalla Basilica e dal Tempio di Cerere.
Ci mancano invece dati precisi sull’effettiva fondazione della città le cui rovine oggi noi possiamo ammirare a Paestum: le fonti storiche antiche, tuttavia, ci danno ragione di ritenere che sia stata operata da una minoranza di Dori scacciati dalla colonia greca di Sibari dalla maggioranza Achea, circa 2600 anni fa. La città doveva essere nodo di intensi scambi commerciali con i greci, i latini, e gli etruschi, ed aveva allora il nome di Poseidonia. Dal 560 al 440 a.C. si colloca, con ogni probabilità, il periodo di più alto splendore e potenza della città, che vide l’erezione dei tre templi che ancor oggi ammiriamo quasi intatti
Nel secolo successivo, Poseidonia subì una fulminea conquista da parte delle popolazioni Lucane, che ne mutarono il nome in Paistom. Si tratta di un avvenimento comune nelle città della Magna Grecia dell’epoca; le popolazioni locali Italiche, dapprima utilizzate nelle città come forza lavoro di basso livello, in molte occasioni arrivarono al dominio sulle città stesse. Ne è un esempio pressochè contemporaneo Neapolis – quella che oggi conosciamo come Napoli. Il mutamento dei vertici politici e di comando non mise però fine in alcun modo allo splendore né alla ricchezza della città; sono di questo periodo vasi pregevolissimi prodotti da maestri di prim’ordine, e sepolture affrescate e ricolme di corredi funerari di enorme valore. Tale ricchezza pare essere dipesa da una rara e fortunata combinazione di guadagni commerciali e produzione agricola della fertilissima Piana del Sele.
È poi nel 273 a.C. che si verifica l’ultimo e definitivo cambio di governo e di nome per la città: Roma la sottrae alla Confederazione Lucana e ne mutò il nome in quello che ancor oggi conosciamo di Paestum. Preziosa alleata dell’Urbe, a cui fornì navi e da cui ottenne perfino l’ambito diritto di coniare moneta, Paestum si vide arricchita durante il dominio Romano di grandi opere pubbliche, dal Foro, all’anfiteatro oggi tagliato in due dalla S.S. 38, al santuario della Fortuna Virile – acquisendo altre ancora fra le numerose meraviglie architettoniche che il tempo ha preservato per noi, e delle quali possiamo oggi godere.